in Gazzetta Ufficiale n.66 del 18 marzo 2023, il Decreto Legislativo n. 26 del 7 marzo 2023, di attuazione della Direttiva UE 2019/2161 sulle nuove disposizioni normative per rafforzare la tutela dei consumatori nel caso di clausole vessatorie, pratiche commerciali scorrette, concorrenza sleale o comunicazioni commerciali non veritiere.

Annunci di riduzione di prezzo

I commi 1 e 2 dell’articolo 1 del Decreto apportano modifiche alla Parte II, Titolo II, Capo III, Sezione I del Codice del consumo, con l’obiettivo di recepire l’articolo 2 della direttiva 2019/2161/UE che modifica la direttiva 98/6/UE in tema di annunci di riduzione di prezzo.

Il primo comma limita la sua azione a sostituire la rubrica dell’attuale Sezione I, che riguarda l’”indicazione dei prezzi per unità di misura”, con la nuova rubrica “Indicazione dei prezzi”.

Il secondo comma, invece, introduce nel Codice del consumo l’articolo 17-bis che stabilisce l’obbligo di indicare il prezzo precedente applicato dal professionista per un certo periodo di tempo prima dell’applicazione della riduzione di prezzo in ogni annuncio pubblicitario che comunichi tale riduzione.

Si precisa che, ai sensi del Codice del consumo, per “professionista” si intende qualsiasi persona fisica o giuridica che eserciti un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale o che agisca come suo intermediario.

Inoltre, di norma, per “prezzo precedente” si intende il prezzo più basso applicato dal professionista alla generalità dei consumatori nei trenta giorni precedenti.

Pratiche commerciali sleali nei confronti dei consumatori

Il comma 4 dell’articolo 1 prevede una modifica all’articolo 21 del Codice del consumo introducendo il divieto di pratiche commerciali ingannevoli che inducono o possono indurre il consumatore medio a prendere decisioni commerciali che non avrebbe preso altrimenti, considerando tutte le caratteristiche e le circostanze del caso.

In particolare, si fa riferimento alla pratica commerciale che promuove un bene come identico a un prodotto commercializzato in altri Stati membri dell’Unione, quando in realtà ha una composizione o caratteristiche significativamente diverse (cd. “Dual Quality“). Questa pratica è considerata ingannevole, a meno che non sia giustificata da fattori legittimi e oggettivi.

Il comma 5 integra l’articolo 22 del Codice del consumo, precisando che alcune informazioni sono considerate rilevanti e la loro omissione è considerata ingannevole nel caso di invito all’acquisto, a meno che non siano già evidenti dal contesto.

Tali informazioni riguardano le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione, se queste sono difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale. Inoltre, per i prodotti offerti su mercati online, deve essere indicato se il terzo che offre il prodotto è un professionista o meno, sulla base della dichiarazione del terzo al fornitore del mercato online.

Sistema sanzionatorio in caso di pratiche commerciali scorrette o clausole vessatorie

I commi 7 e 8 dell’articolo 1 rappresentano delle modifiche al sistema di sanzioni previsto dal Codice del consumo per le pratiche commerciali scorrette o le clausole vessatorie.

Il comma 7 prevede un aumento del massimo edittale della sanzione amministrativa pecuniaria, che passa da cinque a dieci milioni di euro, applicabile in caso di violazione di norme a tutela dei consumatori, come la pratica commerciale scorretta, l’inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza o la mancata rimozione degli effetti delle violazioni accertate.

Inoltre, il comma 7 stabilisce che la sanzione da applicare deve essere commisurata alla gravità e alla durata della violazione, tenendo anche conto delle condizioni economiche e patrimoniali del professionista.

Nel caso in cui la violazione sia diffusa, ovvero a danno dei consumatori di almeno due Stati membri, o diffusa avente una dimensione unionale, ovvero a danno dei consumatori di almeno due terzi degli Stati membri che rappresentano almeno i due terzi della popolazione dell’Unione, l’importo massimo della sanzione può arrivare al quattro per cento del fatturato annuo del professionista realizzato in Italia o negli Stati membri interessati dalla violazione.

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